ni ordinarie – ha esordito, aggiungendo – Di fronte alla irreversibile dissociazione di sei consiglieri di maggioranza, la crisi ha abbracciato il governo di Matera. Una evidente crisi politica che non può essere considerata crisi di progetto e programma, perché progetti e risorse sono certificati da un piano di investimenti di oltre 160 milioni di euro, concordato e approvato dal Governo nazionale. Le donne e gli uomini di Matera hanno affidato a noi la tenuta della raggiunta autorevolezza cittadina e ci hanno imposto il dovere di non spegnere la luce di protagonismo meridionale conquistato in lunghi anni di vissuta partecipazione comunitaria. Per non tradire Matera e il mandato che abbiamo ricevuto – ha proseguito – oggi si impone un governo di unità municipale, un recupero collettivo di responsabilità istituzionale per non distruggere al cospetto del mondo il nome della nostra città. Tale esigenza nasce da un dovere di evitare una lunga, asettica gestione commissariale inaccettabile per il ruolo, per la missione, per il simbolo che Matera ha acquisito a livello nazionale e internazionale. La nostra passiva accettazione della crisi, se non risolta, porterebbe al commissariamento di Matera e alle elezioni comunali nella primavera del 2018.
Per tale esigenza – ha proseguito il sindaco – nasce il nostro invito a tutte le forze politiche presenti in consiglio comunale per ritrovare l’unità del governo municipale che deve nascere attraverso la costruzione di un nuovo rapporto politico tra tutte le forze consiliari sulla base dell’irrinunciabile principio della pari dignità politica.
Non ci possono essere, proprio per la visione e per l’obbligo che abbiamo, vincitori e vinti. Sul portale del palazzo del sedile che ha rappresentato nel tempo il Parlamento del Comune di Matera, vi sono i segni e i valori delle quattro virtù cardinali: giustizia, fortezza, temperanza e prudenza, i simboli del buon governo. Se indossiamo il vestito di questa ritrovata responsabilità e diventiamo costruttori del futuro di questa città, dobbiamo prendere quei valori e costruire insieme il buon governo della città, perché essa merita questo ulteriore tentativo di recupero di autorevolezza politica. Il mondo ci guarda, non possiamo tradire Matera”.
Subito dopo ha preso la parola il consigliere Uccio Di Lena che ha proposto di aggiornare la trattazione degli argomenti dell’odg nella seduta del 28 marzo, aggiungendoli a quelli già inseriti in quella convocazione.
Il consigliere Adduce, intervenuto subito dopo ha aggiunto che, prima del voto, era necessario procedere alla discussione sulle dichiarazioni del sindaco.
Sono seguiti gli interventi dei consiglieri: Cotugno, Materdomini, Adduce, Lionetti, De Mola, Bianco, L’Episcopia, Manicone, Toto, Trombetta che hanno espresso le loro posizioni circa l’ipotesi di un accordo con la minoranza, i suoi contenuti o l’eventualità di tornare al voto.
In chiusura della seduta, il sindaco è intervenuto di nuovo: “Partirò da Leo Longanesi (citazioni sugli uomini liberi fatta dal consigliere Manicone nel suo intervento). La declamazione di uomini liberi non può rimanere solo tale, ha bisogno di essere verificata nel corso della vita e siccome io mi ritengo un uomo libero ho il dovere di precisare questa testimonianza, avendo quasi 82 anni.
Nel 1967 – ha ricordato – Eravamo nella fase di rilancio di alcune iniziative culturali della città, partendo dalle chiese rupestri e dai Sassi. Emilio Colombo si occupò di questo gruppo di tensione, venne un paio di volte a Matera per inaugurare le nostre mostre. Io lo accompagnai personalmente, ma nel 1968 accade un fatto particolare: si svolse un incontro ufficiale al ministero delle Finanze di Roma e poiché il decreto interministeriale del ministro dei Lavori Pubblici dell’epoca (sui finanziamenti della legge 126 che vengono devoluti alla costruzione di case e non all’intervento di recupero dei Sassi) era stato firmato, presi atto della decisione che non condividevo e nel 1968 scesi in politica per far votare i Sassi e le chiese rupestri con un partito che in tutta la provincia di Matera contava 217 voti per dare autonomia ad un progetto. Tutto si può dire, dunque, ma non che io non sia libero.
Ritroviamo il senso della storia di questa città; perché non mi sono dimesso prima del 24 febbraio? Perché dovrà essere questo consiglio comunale a sfiduciarmi; io vengo da un’altra battaglia di libertà: ho partecipato alle primarie di questa compagine articolata e sono stato candidato sindaco attraverso una partecipazione popolare che mi ha dato questa responsabilità dopo un confronto con altri 5 candidati.
Come ho già detto in consiglio comunale precedentemente, ci troviamo a ridosso del nodo dell’approvazione del bilancio; in mancanza di atti di sfiducia entro il 24 febbraio, dovevo capire cosa sarebbe accaduto. L’errore colossale - ha aggiunto il sindaco – avvenne quando fu composta quella coalizione, lo dico senza paura, dando ospitalità ad anime smarrite di un partito, quelli che hanno creato le condizioni di questa crisi. Ecco perché ho parlato di una irreversibile dissociazione di alcuni consiglieri. Siamo capaci di costruire una unità di governo fino al 2020, obiettivo del nostro impegno politico? Siamo capaci di stabilizzare fenomeni di sviluppo autonomo, di stabilizzare economie?
Ecco perché - ha concluso il sindaco – io ho tentato disperatamente di trovare un’intesa ma mi sono trovato in rapporti che durano da sei mesi, con un crescendo muscolare del confronto alimentato da un autorevole fisioterapista. C’erano regie particolari.
Dobbiamo avere la forza di capire che siamo di fronte a un momento epocale in cui la ordinarietà deve essere straordinarietà; altrimenti prendiamo atto che non ci sono le condizioni e io ritornerò a fare il cittadino. Se vogliamo costruire una condizione di rinnovata forza non possiamo costruire processi momentanei: o si crea un processo che duri fino al 2020 oppure non possiamo nemmeno aprire un confronto”.