Non siamo tra quelli che pensano che l’esperienza dei Consorzi sia obsoleta o addirittura superata, al contrario siamo tra coloro che prevedono una seconda giovinezza in sinergia con le esperienze dei distretti industriali e con altre che in modo diffuso operano sul territorio. In questa logica di interventi dovrebbe collocarsi il senso della funzione di una politica regionale per lo sviluppo: una nuova strategia industriale rivolta alla promozione e alla qualificazione dei fattori di produttività, competitività, innovazione e coesione.
Paradossalmente, da propulsore per il potenziamento delle attività esistenti per la programmazione dello sviluppo, la Regione diventa il freno dello sviluppo economico, produttivo e sociale del territorio.
Siamo per una Basilicata unita e coesa, ma i chilometri che ci separano dall’istituzione regionale sono molti di più della distanza segnata sulla cartina geografica.
Non si tratta di voler perseguire interessi di parte, né tantomeno di campanile, dal momento che questa riforma ha destato la più trasversale, ampia e netta contrarietà di associazioni di categoria, sindacati, Anci, partiti politici di schieramenti diversi, l’Ufficio legislativo della stessa Regione, lavoratori. L’elenco delle motivazioni è lungo, e solo gli amministratori regionali pare non riescano a ravvedere l’importanza e la serietà delle ragioni che riguardano una materia così complessa e di vitale importanza per tutta la Basilicata: fortissimi sono i dubbi di tipo costituzionale (i Consorzi ASI devono essere costituiti sotto forma giuridica di enti pubblici economici e non di società per azioni e devono essere rappresentativi della realtà istituzionale ed economica del territorio); la provincia di Matera sarebbe disciplinata diversamente dalla provincia di Potenza; non esistono un piano industriale della nuova società per azioni né una visione strategica; vi sono rischi per il processo di costituzione delle Zone economiche speciali; è una riforma che va a danno di chi ha operato correttamente mentre ad altri si è permesso di pagare costi di gran lunga inferiori o non pagare affatto, accumulando un debito monstre.
In sostanza, per mettersi alle spalle un dissesto da circa 80 milioni di euro accumulato dal Consorzio Asi di Potenza, la Regione – anziché replicare e valorizzare l’esempio virtuoso nella gestione delle aree industriali di Matera - compie l’ennesimo atto di centralizzazione, attraverso una riforma approssimativa, avviata in una direzione fallimentare.
Con il Consiglio comunale, intendiamo difendere le prerogative di un territorio che non riceve la giusta considerazione da parte dell’istituzione regionale e salvaguardare il Consorzio industriale di Matera che nei prossimi anni è chiamato a giocare un ruolo di primo piano anche per quanto riguarda le aree Zes e i processi che potranno innescarsi con il recovery fund.